Le vicende narrate in questo libro non è che siano troppo interessanti.
E uno dice: vabbè, la recensione si può chiudere qui.

Beh, no.
Perchè Aftermath non è un libro normale: è il primo romanzo del nuovo Canone starwarsiano uscito in Italia.

Cronologicamente si pone appena dopo Episodio VI (Il Ritorno dello Jedi) e racconta, quindi, le turbolenze che seguono la distruzione della seconda Morte Nera, un Impero colpito duramente nelle persone con le morti dell’ Imperatore, del suo braccio destro Darth Vader, di un numero imprecisato di assaltatori, subappaltatori, tecnici radar, etc. e colpito duramente negli armamenti: spazzata via la stazione da battaglia più potente…e fanno due!, un Super Star Destroyer, insieme a chissà quanti altri mezzi.

Ma l’ Impero non è crollato e sta cercando di riorganizzarsi.
Così come la neonata Nuova Repubblica non è ancora in grado di controllare tutta la Galassia.
Di importanza notevole si rivelerà un fatale errore politico commesso dalla Nuova Cancelliera della Nuova Repubblica, Mon Mothma, disgustata dalla Guerra e quindi desiderosa di non vederne mai più scoccare la scintilla nella Galassia, intendimento che getterà il seme per gli eventi di Episodio VII (e che consentirà alla Disney di perpetuare le storie di Guerre Stellari e di perpetuarne gli introiti).

Si diceva di come le vicende dei protagonisti (buoni) di Aftermath non siano interessantissime: sembrano scritte solo per mettere in correlazione i diversi interludi che rendono l’idea di quello che sta succedendo tra le fila degli imperiali e quelle degli ex-ribelli, ognuno intento a capire come ricostruirsi una vita o, più prosaicamente, come non perdere quella che ha.

È l’ occasione per molti di sfruttare la situazione che si è creata: un vuoto di potere che promette scatti senza partite a biliardo col megadirettore.

E tra bisbocce nei bar della Morte Nera e giovani senza lavoro che vogliono arruolarsi nell’ Accademia, si scopre che anche gli imperiali avevano una vita, con dei parenti che li aspettavano dall’ altra parte della Galassia (“Papà, non correre nell’ iperspazio”), degli amici, ma anche dei superiori pronti a giustiziarli in caso non fossero disposti a sacrificarsi per il bene supremo (di Palpatine).

Nei libri del Nuovo Canone c’è questa tendenza a dare uno spessore, una motivazione, una vita vissuta anche agli Imperiali: tendenza molto apprezzata e di cui si sentiva il bisogno.
La storia senza dubbio più intrigante è quella che ruota intorno all’ ammiraglio Rae Sloane, astro nascente della flotta imperiale, introdotta per ora solo nei libri del nuovo canone.
Cosa sarà di lei nei trent’anni successivi ad Endor? (In Episodio VII non viene nemmeno nominata).

La pecca principale dal punto di vista della scrittura del romanzo, oltre al fatto che della vicenda principale poco ci importa, è che tutta la narrazione avviene al presente: quel “TANTO TEMPO FA” (in una galassia lontana, lontana…), dovrebbe essere un indizio da tenere a mente nella scelta dei tempi dei verbi.

E poi danno un po’ fastidio certi stereotipi utilizzati per riproporre banalmente e facilmente le caratteristiche dei personaggi.
Ok, Ackbar sarà famoso per aver esclamato: “È una trappola”, resosi conto che la Morte Nera 2 era operativa e l’ intera flotta ribelle rischiava la distruzione ad Endor, ma non è che ogni volta che apre bocca debba dire quella frase.

Scopriamo che Jakku è un pianeta dove è davvero consigliabile portare qualcuno per farne perdere le tracce…e nel finale appare un personaggio misterioso, di cui non viene fato il nome, che sta tramando nell’ ombra per plasmare l’ Impero verso una struttura più confacente i suoi desideri.
Personaggio misterioso che pareva essere morto ed invece non è: forse è presto per farsi ‘illusioni’ riguardo l’ identità di questo imperiale (si mormora possa essere il futuro Snoke o Tarkin risorto), perchè, con tutta probabilità, nei prossimi libri scopriremo trattarsi di una new entry assoluta nei mondi di Star Wars.