Recensione Rogue One: a Star Wars Story

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6.5

Abbiamo visto per voi in anteprima Rogue One: a Star Wars Story. Ecco la nostra recensione per voi!

Rogue One

La giovane e solitaria fuorilegge Jyn Erso (Felicity Jones), viene coinvolta nella lotta dell’Alleanza Ribelle contro l’Impero, che si prepara ad ultimare un’arma risolutiva dalla potenza devastante, la Morte Nera. Una missione disperata nella quale i ribelli tenteranno di recuperare i piani tecnici della stazione spaziale imperiale, allo scopo di trovare un punto debole che possa restituire una flebile speranza per le sorti di un conflitto che sembra ormai perduto.

Jyn Rogue One

Tuffarsi con un X Wing sulla superficie della Morte Nera non è una tenzone facile da affrontare, così come non è semplice infiltrarsi in una base imperiale difesa da intere guarnigioni per trafugarne i dati. Ed è altrettanto difficile accettare e vincere la sfida di realizzare un film che affondi le proprie radici nella mitologia ‘classica’ di Star Wars, ma che risponda ad esigenze di rinnovamento e modernità.

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Rogue One – A Star Wars Story, doveva essere un ribelle sfrontato e scavezzacollo, coraggioso e senza timore reverenziale, una vera canaglia nell’affrontare un ‘golem’ quale Una Nuova Speranza (o per molti semplicemente Guerre Stellari), senza uscirne con le ossa rotte. Mostrare i muscoli o cercare di stuzzicare il ‘mostro’ con termini di paragone o riferimenti troppo evidenti, poteva risultare un’arma a doppio taglio.

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Gareth Edwards, sceglie una poco soddisfacente e poco coraggiosa via di mezzo, per mettere in scena in suo personale ‘war movie’ ambientato nell’universo di Star Wars. Uno spin off tanto visivamente potente e roboante, quanto privo di elementi strutturali originali (difetto che in parte gravava anche su Il risveglio della Forza), caratterizzato da toni dark e più violenti rispetto al resto della saga ma anche da poco cuore.

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Se nel film di Abrams si imparava ad amare Rey e a sposarne le tribolate sorti, qui non ci si affeziona alla Jyn Erso ‘ribelle per necessità’, vessata da una vita costantemente solitaria e in lotta, ed alla ricerca di un padre (Galen Erso, interpretato da  Mads Mikkelsen) il cui destino è legato alle sorti dell’Impero stesso, in un sottile e imperscrutabile doppio gioco.

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Ad un prologo che mostra la risolutezza del perfido Orson Krennic ( Ben Mendelsohn), ed il destino oscuro della piccola Jyn, segue un lento e macchinoso atto introduttivo dei numerosi comprimari, personaggi abbozzati ed in alcuni casi del tutto superflui (come il Saw Gerrera di  Forest Whitaker) combattenti per la libertà dallo spessore bidimensionale e poco eroico, dei quali si fatica a ricordare presenza scenica e ruolo.

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Elementi sulla carta interessanti, quali la moralità fatta di luci ed ombre di un’Alleanza disposta a sacrificare vite per un ideale e per ragioni di guerra, non sono adeguatamente approfondite così come il rapporto padre/figlia tra Jyn e Galen, frutto di interpretazioni attoriali poco convincenti.

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La sensazione è che tutto il film debba traghettarci, nonostante una seconda metà più ritmata ed avvincente, verso una risoluzione prevedibile degli eventi, ma i binari che Edwards decide di percorrere sono quelli della spettacolarità, pur ottima ma del tutto referenziale, punteggiata da rimandi e strizzate d’occhio ai fans della vecchia saga. Ciò con inserimenti forzati di personaggi in piccoli cameo marginali, o il ricorso ad una computer grafica di dubbio gusto per riportare in vita volti amati (da tal punto di vista la sequenza finale è oltremodo stridente).

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In tutto ciò rassicura e parzialmente salva le sorti della pellicola, la presenza di un Darth Vader, più che mai disumano, violento ed ammantato di male puro anche quando letteralmente privato delle sue vestigia, in una sequenza dal sapore quasi horror, e tra le poche in grado di rimanere impresse.

Rogue One

Se le ribellioni si fondano sulla speranza, è anche vero che i grandi film si fondano oltre che sui grandi personaggi e sulle grandi storie, anche sulla capacità di raccontarle. Ecco perchè Rogue One è un semplice e tecnicamente ineccepibile blockbuster moderno, e non l’avventura epica di cui sentivamo il bisogno.

 

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