Pay to Win: Electronic Arts sul viale del tramonto?

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Il colosso videoludico vittima delle sue stesse politiche. Siamo alla fine di un’era?

La “peggior compagnia in America”. Questo è il riconoscimento che per ben due anni di fila (2012-2013) è stato assegnato al gigante californiano. Se al tempo queste notizie riuscirono addirittura a strapparci un sorriso, le continue politiche a favore del Pay to Win sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

E’ ormai da anni che EA sperimenta questi meccanismi nei suoi videogames: le critiche nei confronti della casa distributrice hanno ormai radici nel 2013 con Dead Space 3. Le dinamiche sono sempre le stesse, indipendentemente dal tipo di gioco: se vuoi avere un vantaggio sugli altri giocatori basta pagare.

Certo, forse dieci euro possono anche risparmiarci dieci ore di grinding davanti al monitor, ma cosa succede se l’intero gioco è progettato per farti spendere dei soldi?

pay to win

La modalità Ultimate Team di FIFA è forse il caso più noto: è come comprare dei pacchetti di figurine. Ogni pacchetto contiene potenziamenti o altri giocatori in grado di rafforzare il nostro organico. Nessuno ci vieta di farlo accumulando crediti giocando, ma è chiaro che se all’inizio ci viene regalata una squadra di brocchi senza speranza, la tentazione di diventare da subito competitivi è troppo forte, specialmente nei match online.

Con Star Wars: Battlefront 2, EA ha deciso d’incorporare questi meccanismi all’interno del gioco. Il sistema di monetizzazione tramite le loot box acquistabili attraverso denaro vero ha scatenato le ire della comunità per essere strettamente legato alla progressione del gioco. Ovvio, tutti questi bonus possono essere acquistati tramite i crediti virtuali, a patto di sacrificare ore ed ore di gioco per racimolare i crediti necessari.

Un utente di Reddit ha stimato ad esempio che solo per sbloccare Darth Vader, il personaggio che ogni giocatore vorrebbe giocare, occorrono circa 40 ore di gioco.

EA di contro ha cercato di minimizzare con una risposta, dando così origine ad un altro record: il post con il rating più basso dell’intero sito. La frittata è fatta: i gamer sono sul piede di guerra e Battlefront 2 si è ritrovata con il voto più basso sul sito di Metacritic (0.9!).

Le reazioni si sono fatte sentire anche in ambito finanziario: le azioni di Electronic Arts hanno perso più di 3 miliardi di dollari a partire dalla release di SWBF2. Nello stato delle Hawaii, il rappresentante Chris Lee ha descritto il titolo EA come “un casinò online marcato Star Wars, progettato per adescare i ragazzi e fargli spendere denaro: è una trappola!” (Citazione inconsapevole? – NDR)

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E’ chiaro che la condotta di EA rischia di essere messa ancora di più in discussione quando un altro titolo in uscita, UFC 3, implementa le stesse aberranti meccaniche di pay to win in modo addirittura più aggressivo dei titoli precedenti. Chissà perché il titolo sportivo è sempre più attaccato a queste dinamiche.

Questo è lo scenario, nell’attesa che Electronic Arts si riprenda dallo scossone è giusto farsi delle domande. Il pay to win è a tutti gli effetti un gioco d’azzardo? Che senso ha avvantaggiare, anche solo statisticamente, un giocatore disposto a spendere denaro per essere il migliore sulla piazza? Un gioco è tale quando a tutti i giocatori viene offerta la stessa possibilità di vincere, se questa regola viene a mancare, non stiamo più parlando di gioco. Come giocatori, ci aspettiamo sempre il meglio dalle nostre esperienze ludiche, anche se abbiamo poco tempo da dedicare a quella che è la nostra passione. Non abbiamo ancora smaltito la rabbia nei confronti dei DLC (a mio avviso un ottimo metodo per allungare la vita di un titolo), per ritrovarci nel bel mezzo di una crociata contro le microtransazioni ed il pay to win.

EA è un’azienda, e come tutte le aziende, cerca di far soldi come meglio crede. E’ innegabile che queste scelte commerciali stiano scatenando una reazione a catena da parte della comunità che a gran voce grida allo scandalo, ma ricordiamoci: Bioware, Bullfrog, Maxis, Origin, Westwood. Sono solo alcune delle software house che hanno chiuso i battenti per colpa delle politiche predatorie di Electronic Arts, spesso più orientate al volere degli azionisti che ai giocatori.

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Noi siamo i fruitori di questo mercato, credo sia nostro dovere impedire di essere divisi tra giocatori con o senza portafoglio. E’ nostro diritto poter godere appieno di un titolo senza dover rincorrere degli obiettivi a pagamento, senza dover progredire a suon di transazioni con la carta di credito. Non sto certo dicendo di boicottare i titoli EA, ci mancherebbe altro, cercate solo di fare una cosa: prima di farvi cogliere dall’hype, informatevi, leggete qualche recensione, sbirciate i video di qualche youtuber di fiducia. Insomma, prima di buttare i vostri sudati soldi in un preorder, siate consapevoli di ciò che state facendo. Non vi costa niente, ma potrà aiutarvi a capire se nel prodotto che state per acquistare c’è tutto il valore che date ai vostri soldi.

Buon gioco a tutti!

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