The Accountant, la recensione: il cinema alla Ben Affleck ha fatto scuola

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The Accountant è in tutto e per tutto un film alla Ben Affleck, uno che negli anni scorsi ci ha ribadito a più riprese (Argo e The Town) che dietro ad ogni attoruncolo belloccio ma non particolarmente dotato in campo recitativo si può nascondere un produttore preciso o persino un regista da ammirare.
Superati i 40 anni d’età, Ben Affleck è davvero un caso di studio difficile da interpretare. Da giovanissimo si fa strada con l’amico Matt Damon e finisce per sgravarsi l’onere e l’onore di vincere un Oscar a soli 26 anni, grazie alle sviolinate imprevedibili degli Academy Awards negli anni ’90. Invece di capitalizzare sul prestigio conseguitone, si infila in una serie apparentemente senza fine di commedie sentimentali e filmacci d’azione più che dimenticabili, senza negarsi una delle prove più spente della proto-Marvel, quasi sapesse già che, nel futuro, avrebbe potuto indossare i panni del più prestigioso eroe DC.
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Il passaggio alla regia non è pratica desueta, ma tendenzialmente non fa molto clamore, come ha provato il recente tentativo di Ewan McGregor con American Pastoral. Invece Ben Affleck tira fuori 2 film che segnano il loro anno cinematografico di riferimento, con cui porta a casa l’Oscar più prestigioso, quello per il miglior film.
A questo punto sarebbe stato lecito aspettarsi una svolta alla Clint Eastwood, sempre più dietro la cinepresa, invece no.
Ben Affleck, sempre carente di vero e proprio talento recitativo, diventa inspiegabilmente uno dei volti più ambiti dai grandi registi contemporanei con cui ha appena finito di misurarsi: lo vuole David Fincher per Gone Girl, lo vuole Zack Snyder nelle vesti di Batman.
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Il caro Ben si presta a ruoli che una sua certa fissità espressiva non permette di esaltare, mentre quando subentra in qualità di produttore si attiene a un codice di comportamento rigoroso.
Qui arriviamo a The Accountant, un film che vede come protagonista Ben Affleck in un ruolo tagliato su misura per lui, quello di un geniale contabile che maschera il suo autismo con un rigido codice comportamentale e che sbroglia gli incubi finanziari e di rendicontazione per cartelli della droga e criminalità internazionale, uscendone vivo e molto ricco. Ovviamente l’FBI è sulle sue tracce, ovviamente c’è una contabile un po’ imbranata ma acuta che scova un errore finanziario nella propria azienda (Anna Kendrick) e ovviamente lui verrà chiamato a trovare il bandolo della matassa. La polizia lo bracca sempre più, la risoluzione nascosta nei libri contabili svela retroscena ben più complessi del previsto e non mancherà occasione di testare le tecniche di combattimento paramilitari che il padre militare ha severamente insegnato al contabile e al di lui fratello in tenera età.
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Insomma, The Accountant è un thriller di stampo classico con una spruzzata di action, che s’inserisce appieno nella tradizione dei geniali contabili hollywoodiani, quelli che di default hanno una capacità di calcolo impressionante e almeno una sindrome di Asperger. Il tutto però è scritto e diretto in maniera solida e attenta, tanto che il film riesce a coprire le sue carte quasi fino alla fine, risultando una visione talvolta sorprendente e spesso piacevole.
The Accountant è il compendio del cinema di Ben Affleck, ma non è girato da Ben Affleck, bensì da Gavin O’Connor, completamente fagocitato dall’influenza del suo protagonista. Così come continua ad avvenire mezza Hollywood. Mentre noi continueremo a chiederci, basiti, quale sia il segreto di Ben Affleck, chissà quali sorprese lui sta già metodicamente pianificando in qualche roulotte extra-lusso.
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