Spider-Man: Homecoming, la recensione!

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Spider-Man: Homecoming, finalmente!
Ciò che ogni fan dell’Arrampicamuri sognava: il miglior film sull’Uomo Ragno visto fino ad oggi!

Spider-Man: Homecoming è il film su Spider-Man con lo Spider-Man più Spider-Man possibile!
Anche meglio di quelli degli anni ’70, col pigiama largo e le arrampicate sui muri fuori sincrono?
Sì.
Sebbene non sia certamente perfetto, Spider-Man: Homecoming ci restituisce quel personaggio che abbiamo amato sulle pagine dei fumetti per 55 anni.

 

Tessiragnatele di quartiere

Niente più strani fluidi che sgorgano dai polsi. O formule per biocavi rubati alla Oscorp per alimentare i lanciaragnatele.
Ma anche niente origin-story.
Non vediamo il morso del ragno radioattivo. Non vediamo Zio Ben morire. E non vediamo Peter Parker cimentarsi col wrestling dei bassifondi.
Tutta roba già stra-conosciuta e data, quindi, per consolidata.
L’ Uomo Ragno è là fuori già da un po’ di tempo e possiamo subito immergerci nelle sue avventure di Tessiragnatele di quartiere.
Non prima di una gustosa intro, creata dallo stesso Peter Parker.
Che, da perfetto millennial, col suo telefonino, ha filmato un video-diario del suo ingresso nel Marvel Cinematic Universe.
Una sorta di backstage dello scontro fratricida tra i Vendicatori all’aeroporto di Berlino, visto in Captain America: Civil War.


E da lì si riparte, con Tony Stark a fare da mentore al giovanissimo ed acerbo supereroe, ritornato nella sua Queens.
Un Tony Stark che cita Springsteen, e pure a proposito: voto 10.
In ogni caso non c’è troppo Iron Man, come si temeva, visti i trailer, in Spider-Man: Homecoming.
Ma c’è davvero molto Peter Parker! Il Peter Parker giusto.
E c’è molto del suo voler essere un supereroe da subito.
Del suo voler entrare negli Avengers.
Del suo voler far parte a tutti i costi della ‘prossima missione’.
Un ‘wannabe’ che Happy Hogan, assistente tuttofare di Tony Stark, ha il compito di tenere a freno.
O meglio: di ignorare.
Intanto Peter puo’ tenersi il costume confezionatogli gentilmente dalle Stark Industries e farne sfoggio per le vie della sua città.
Aiutando i passanti in cerca di indicazioni o fermando i ladri di biciclette…

Problemi

Già, perchè appena si spinge un po’ più in là, iniziano i problemi per il ragazzino che si vede già grande: sarà l’effetto del costume.
Costume che ricorda molto le versioni fumettistiche, con l’esordio per le storiche ragnatele sotto le ascelle!
Anche se è una sorta di ibrido tra una calzamaglia ed una armatura di Iron Man, dotato perfino di intelligenza artificiale integrata.
In questa sua nuova incarnazione cinematografica, l’Arrampicamuri deve fronteggiare uno dei suoi nemici storici.
Se il problema principale di Peter Parker è la gestione della sua vita e delle sue relazioni con il mondo scolastico, il problema principale di Spidey è, invece, l’Avvoltoio.


Adrian Toomes è un uomo che deve far fronte ai problemi di tutti i giorni per mantenere il suo tenore di vita.
Che è messo a repentaglio dai ricchi e potenti, che se ne fregano della possibile perdita di posti di lavoro nella sua sana ed onesta ditta.
Ed allora l’onesto Toomes prende armi, ali ed artigli (splendido l’esoscheletro che da vita all’Avvoltoio) e si rifà una vita delinquenziale di tutto rispetto.
Fino a quando non incrocia Spider-Man.

Le dinamiche tra eroe e villain sono quelle tipiche dei fumetti dell’Uomo Ragno, che è dapprima solo una scocciatura, per poi diventare un ostacolo da eliminare.
Anche la soluzione della vicenda ha i connotati classici delle storie dei comics.

Ritorno a casa

È davvero un ritorno a casa (anche se l’Homecoming del titolo ha tutto un altro riferimento, ma è evidente che Marvel ha giocato alla grande con questa ambiguità, per nulla celata): Spider-Man è tornato quello che i suoi fan vogliono che sia.

Probabilmente non sarà mai possibile fare un film basato sulle vicende di un supereroe che accontenti tutti.
Ma Spider-Man: Homecoming  ci va molto vicino
.
Peter Parker, quando veste il costume, diventa l’eroe in calzamaglia (hi-tech) più divertente del quartiere.
Certe volte, forse, si esagera un po’ con la ricerca ostinata della trovata comica, ma nella maggioranza dei casi si fa centro.


Spider-Man: Homecoming non è un film perfetto.
Ma è un film facile, che non necessita di eccessiva concentrazione, stra-ricco di riferimenti più o meno velati alla storia di Spider-Man e di tutto l’Universo Cinematografico Marvel.
Non è nemmeno un film troppo pieno di scene d’azione, che però sono sempre ottimamente coreografate e non fanno mai girare la testa.
Nonostante siano sempre a tutta velocità (ogni riferimento ai rallenty esasperati in Wonder Woman non è casuale)!

La ragnatela tessuta dagli Studios della Casa delle Idee diventa sempre più complessa ed ogni innesto la arricchisce di sfumature e profondità.

Il cast

Tom Holland è davvero convincente nel ruolo di Peter Parker.
Ha la giusta fisicità e la faccia per esprimere l’irrequietezza del bimbo-ragno che vorrebbe, ma non puo’.
Ma anche del giovanotto innamorato, del teen-ager che gioca coi lego e, poi, del ragazzo che sa prendere decisioni importanti.


Il mattatore del film è però, prevedibilmente, Michael Keaton che, nonostante uno screening time non altissimo come si poteva immaginare, riesce con due o tre cambi di espressione a stravolgere il mood del suo Adrian Toomes.


Ottima, e per certi versi essenziale, la prova di Jacob Batalon, nei panni di Ned, la spalla/amico del cuore di Peter.
E Marisa Tomei aggiunge un aspetto sconosciuto al personaggio di Zia May: quello di essere una donna desiderabile da tutti quelli che la incontrano.
Non stona la versione aggiornata di Flash Thompson (Tony Revolori): i bulli di oggi sono molto diversi da quelli degli anni ’60!

Come da tradizione Marvel, anche per Spider-Man: Homecoming, una scena a metà ed una a fine titoli di coda.

 

Ed ora attendiamo con trepidazione le future interazioni di Spidey con gli Avengers, dato che l’anno prossimo tutto l’MCU sarà chiamato a raccolta.
È in arrivo Thanos. In visita, non richiesta, sulla Terra.

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