MISSION: IMPOSSIBLE – ROGUE NATION. “Arruolati nell’IMF, vedrai il mondo! “

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Se devi dirigere un film, che fa parte di una serie, ed arrivi dopo uno che si chiama Brian De e dopo uno che si chiama J.J., e tu ti chiami Christopher (ma non continui con Nolan), il successo della tua Missione è Improbabile.

Però sei fortunato che la serie medesima abbia già tutti i suoi gadgets al posto giusto, a partire dalle maschere e dai cerotti per le corde vocali, in poi.

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E quindi va via tutto come pre-visto (nel senso di visto prima), con gli inseguimenti sulla motoretta, con il giro per le belle Capitali d’Europa che nemmeno le Guide Mondadori ed il cattivo che sembra buono, ma che è cattivo e poi diventa buono.

In questo episodio numero 5 delle avventure di Tom Cruise, Mission: Impossible – Rogue Nation (e sì, quello lì appeso all’aereo in decollo è proprio lui e non ci sono effetti digital-farlocchi) nei panni dell’agente Hunt dell’IMF, però, c’è un certo grado di ironia in più rispetto ai predecessori, che lo rende godibile ed un minimo differente.

Le sequenze d’azione (a partire dal minuto 0:00 del film) sono sempre al limite dell’impossibile (per rimanere in tema) ed un paio sono condite dalla suddetta dose di ironia che le fa apprezzare ancor più.

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Certo qui non ci sono i Metallica o i Limp Bizkit nella colonna sonora, ma sono degnamente rimpiazzati dai Manowar.
Ah, no: è Puccini!

 

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