Le Macchine Mortali demoliscono i cinema italiani

macchine mortali
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Lo steampunk sbarca al cinema con Macchine Mortali. Siete pronti ad affrontare una Londra cingolata?

Onestamente avevo riposto molta fiducia in Macchine Mortali, il nuovo film prodotto da Peter Jackson e diretto da Christian Rivers. Non che volessi un capolavoro della cinematografia.

Mi sarei accontentato di una sana storia, di buoni personaggi e da, naturalmente, una infornata costante di effetti speciali mozzafiato.

Gli effetti ci sono.

Nei personaggi qualcosa lo troviamo.

Ma in Macchine Mortali la storia è un guazzabuglio infernale di non sense. Passi il non sapere per quale diamine di ragione l’umanità abbia deciso che il modo migliore di risollevarsi dopo un conflitto atomico sia il costruire gigantesche città motorizzate. Ci mancherebbe, è l’idea portante del libro prima e del film ora.

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Gli ingranaggi di Macchine Mortali cadono a pezzi però sulla gestione della trama. Un fallimento clamoroso di sceneggiatura che lascerà sbigottiti tutti coloro che non si sentiranno soddisfatti dalla sola presenza di scoppiettanti effetti CGI.

Ma andiamo con ordine. Siamo in un imprecisato futuro e l’umanità si è quasi estinta dopo una guerra planetaria che ha devastato i continenti. Per sopravvivere i superstiti hanno creato giganteschi macchinari su cui le persone viaggiano in perenne nomadismo (come detto non si sà chi abbia pensato che fosse una soluzione attuabile, ma è un mero espediente di ambientazione, quindi va bene così). Londra è quindi un gigantesco carro armato e, ancor prima di poter sbattere le palpebre, il film ci trascina in una girandola di eventi a cui onestamente si fa fatica a tirare il filo.

Thaddeus Valentine (Hugo Weaving) è uno storico che sta tentando di acquisire quel potere potere bellico che ha distrutto l’umanità in primo luogo.

La sfigurata Hester Shaw (Hera Hilmar) si deve vendicare dell’omicidio della madre.

Shrike (Stephen Lang) è un “terminator” proveniente dal passato che fa cose senza senso e a cui non viene data la benché minima spiegazione…

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Insomma, il vortice delle diverse necessità dei protagonisti non è mai spiegato, non è mai approfondito e si finisce col non avere alcun attaccamento a nessuno dei personaggi. Insomma, questo film ad alta velocità va un pò troppo veloce e con troppa disinvoltura…

Gli attori onestamente ce la mettono tutta per dare corpo a questa distopica visione di un futuro meccanizzato. Ad Hugo Weaving basta apparire sullo schermo per ammutolire anche il più arrogante degli spettatori.

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Ma le voragini della costruzione cinematografica non danno scampo ad ogni tentativo di tenere in piedi questo carrozzone di effetti speciali. E alla fine allo spettatore non interessa se sarà l’eroina a trionfare, se il cattivo raggiungerà il suo scopo o se il terzo incomodo Shrike coronerà la sua personale missione con un successo. E questo perchè non c’è il minimo tentativo di catturare lo spettatore, portarlo ad immergersi nel film e quindi ad immedesimarsi con i suoi personaggi.

Insomma, il distacco più totale per un film che avrebbe avuto le carte in regola per essere un godibile blockbuster.

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Peccato per gli appassionati di steampunk, perchè questo film non dà assolutamente credito ad un filone narrativo che al cinema sta forse ancora aspettando il suo capolavoro (ovviamente l’opera omnia di Miyazaki è esclusa da questa disamina. Ma col regista giapponese siamo completamente fuori scala rispetto ai blockbuster americani, il “Miyazakismo” è proprio un’altra categoria…).

Sarà per la prossima volta!

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