Black Mirror 3 X 02 – Playtest

7,5

Il giovane americano Cooper (Wyat Russel) lascia la casa familiare e, ignorando le ripetute chiamate della preoccupata madre, si avventura in un viaggio attraverso l’Europa. Giunto a Londra, e trovatosi senza più denaro, decide di accettare un lavoro come tester presso la Saito Gamer, azienda sviluppatrice di videogames implementati con realtà aumentata. Le conseguenze sulla psiche saranno devastanti ed irreversibili.

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Se il il tema dominante di Black Mirror è la paranoia dettata dall’abuso della tecnologia, non era difficile immaginare che la serie si potesse addentrare nel mondo dei videogames di ultima generazione, specie di natura virtuale, ed affrontare il tema delle conseguenze del loro abuso.

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Ciò che non era prevedibile, e che risulta la carta vincente di Playtest, è la scelta di ricorrere ad atmosfere e tinte horror, la cui cupezza fa da contraltare alla luminosità ed asetticità della stanza dove il malcapitato Cooper viene sottoposto ad un apparentemente innocuo test.

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Playtest gioca su diversi piani narrativi, e mette molta carne al fuoco, non sempre riuscendo ad approfondire le molteplici tematiche, ma è in grado di comunicare un senso di claustrofobica inquietudine.

Spostando la visuale dal mondo tecnologico alla natura umana, l’episodio pone l’accento sulla fragilità della mente, sedotta e quasi psicanalizzata da un congegno ludico in grado di materializzare sia paure elementari (l’aracnofobia, il bullo che ci perseguitava a scuola), sia insicurezze ben più profonde e radicate, come il timore dell’abbandono e della perdita, e l’incapacità di comunicare.

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Un equilibrio talmente precario da poter essere spazzato via da una semplice e banalissima interferenza.
La confusione tra reale e virtuale non simboleggia semplicemente l’alienazione tipica del videogiocatore incallito perso in un mondo di fantasia, ma esaspera le sue conseguenze, distruggendo la mente e le sue fondamenta.

Un abisso concentrico, suddiviso in differenti livelli, in cui tempo e spazio sono distorti e dilatati; un ‘incubo nell’incubo’ che richiama alla mente sia Edgar Allan Poe (apertamente citato) ed il suo poema A Dream Within a Dream , sia la più recente lezione di Nolan in Inception, passando per il David Cronenberg di eXistenZ .

‘Where does reality stop. And the game begin?’

 

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