Il controllo, la paranoia, la paura del lato oscuro della rete e della sua capacità di invadere la nostra privacy e scoprire il nostro stesso lato oscuro, costituiscono l’ossatura del terzo episodio della terza serie di Black Mirror.
Il ricorso non è stavolta al futuribile o alla fantascienza pura; l’ambientazione, i temi e le modalità dello sviluppo della vicenda sono radicate in una realtà che non potrebbe essere più contemporanea.
Kenny (Alex Lawther) è un adolescente timido ed insicuro, che lavora in un fast food e vive assieme alla madre e alla sorella. Tanto gentile quanto impacciato ed isolato, cede alla debolezza di visionare materiale pornografico sul suo portatile; un giorno, dopo aver scaricato un programma di rimozione malaware, riceve una mail da mittente ignoto che recita ‘we saw what you did’ (abbiamo visto cosa hai fatto). Dietro la minaccia di divulgare il video in cui egli è ripreso dalla webcam mentre si masturba, Kenny sarà obbligato a portare a termine diversi compiti seguendo precise istruzioni, ed incontrerà altre persone ugualmente manovrate dai medesimi ricattatori. Un incubo senza fine.
Un episodio paradossalmente realistico, costruito alla maniera di un thriller, cupo e pessimista, che gioca abilmente sul tema del dualismo. La rete è uno strumento a doppio taglio, che nasconde insidie sotto forma di hacker, spyware, e strumenti che subdolamente possono insinuarsi nelle nostre esistenze virtuali.
Allo stesso modo l’utente è spesso vittima della libertà che l’uso di internet può fornire, e che costituisce uno strumento di sfogo per pulsioni irrealizzate (spesso sessuali) o un campo aperto per condurre vere e proprie esistenze parallele.
Un pericolo che si manifesta prepotentemente quando il processo di ritorno alla normalità è in qualche modo irreversibile, quando la vergogna prende il sopravvento, quando saremmo pronti a qualsiasi cosa, anche ad uccidere, pur di non perdere tutto.
Un percorso di espiazione (il programma scaricato da Kenny si chiama simbolicamente Shrive) tortuoso e doloroso, dai contorni e dalle modalità che si sveleranno progressivamente, e che metterà in luce quanto persone apparentemente estranee abbiano invece in comune oggetti scomodi da nascondere nel cassetto.
A mano a mano che la fine si avvicina, e nella migliore tradizione dei ‘twist’ finali di Black Mirror, è straniante osservare come l’empatia nei confronti del protagonista sia stata distorta da ciò che non sapevamo ancora di lui. La rivelazione conclusiva getterà un’ombra cupa su azioni precedentemente osservate ed apparentemente innocue.
E non sarà facile tuttavia emettere un giudizio censorio.
Un finale ad incastro, sulle dolentissime note di Exit Music (For a film) dei Radiohead, che non si dimentica facilmente. Per un’ ineluttabile uscita di scena e dalla vita ‘normale’.
Wake
From your sleep
The drying of
Your tears
Today
We escape
We escape
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